[Pdf Lit Doc Mobi Epub Txt - Ita] Michael Crichton - Mangiatori di morte [TNT-Village]

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Mangiatori di morte










Autore: Michael Crichton
Nazionalità: Americano
Titolo originale: Eaters of the Dead
Titolo italiano: Mangiatori di morte
1ª ed. originale: 1977
Genere: Romanzo
Pagine: 130
Dimensione del file: 3.82 MB
Formato del file: PDF-LIT-DOC-MOBI-EPUB-TEXT



TRAMA

Mangiatori di morte ha come titolo originale il più esteso "Eaters of the Dead: The Manuscript of Ibn Fadlan Relating His Experiences with the Northmen in A.D. 922", vale a dire "Mangiatori di Morte: il manoscritto di Ibn Fadlan sulle sue esperienze con i Vichinghi nell'A.D. 922".
Il romanzo si presenta come un falso storico, il manoscritto ritrovato e commentato da Crichton stesso riguardante il viaggio di un musulmano del X secolo e delle sue battaglie con un gruppo di Vichinghi contro un misterioso nemico.
Come usuale nei libri di Crichton egli accompagna le sue descrizioni facendo riferimento, per dare un senso di autenticità, ad una bibliografia a volte vera ma spesso completamente di fantasia (per esempio quando cita l'editore Fraus-Dolus o l'inesistente Necronomicon). Il libro è comunque storicamente accurato e ben documentato.
Nell'appendice Crichton spiega infatti che le fonti di ispirazione del romanzo sono state fondamentalmente due: i tre capitoli del diario tenuto da Ibn Fadlan riguardanti il popolo dei Rus', la antica popolazione russa (un manoscritto che esiste davvero e che peraltro è molto citato fra gli storici) e la epopea altomedioevale di Beowulf, sulla lotta di un uomo contro il mostro Grendel e la madre del mostro. Un amico l'aveva sfidato a rendere questi temi interessanti e moderni e Crichton aveva accettato volentieri la sfida.

Il romanzo, raccontato in prima persona, è ambientato nel X secolo: il Califfo di Bagdad invia, come punizione per liberarsi di lui, il dignitario Ahmad ibn Fadlan al lontano Re dei Bulgari. Ma Ibn Fadlan viene nel tragitto catturato da un gruppo di Vichinghi che sta andando verso nord per rispondere ad una richiesta di aiuto. Ibn Fadlan è costretto controvoglia ad unirsi a quelli che considera barbari, in quanto come 13º guerriero è ritenuto da loro una sorta di portafortuna.
Il raffinato Ibn Fadlan all'inizio è spaventato e disgustato dalle usanze di questo popolo, che giudica sporco e dissoluto, ma lentamente scopre che in esso vi è una visione del mondo più profonda di quanto si aspettasse, e rivedrà radicalmente la sua valutazione iniziale.
"Non dir bene del giorno finché non è venuta sera; di una donna finché non è stata bruciata; di una spada finché non è stata provata; di una ragazza finché non si è sposata; del ghiaccio finché non è stato attraversato, della birra finché non è stata bevuta" (Proverbio vichingo)
Arrivati al villaggio che ha richiesto il loro aiuto, i guerrieri scoprono che il loro nemico arriva sempre con la nebbia. I terrorizzati abitanti parlano di un "serpente di fuoco" e di esseri mostruosi, i wendol (che Crichton spiega, in una delle sue innumerevoli note di pseudoscienza, essere gli ultimi uomini di Neanderthal).
Dopo un attacco notturno il capo dei Vichinghi, Buliwyf, decide di attaccare i wendol nel loro stesso covo, per ammazzare la loro regina (che ha le fattezze tipiche delle Veneri dell'Arte preistorica) e sbaragliare così i nemici. Sarà accompagnato dai suoi guerrieri e il sempre più sconcertato arabo.
Nel gruppo è importante la presenza di Herger, che nel corso della narrazione sarà l'unico interlocutore diretto dell'arabo, dato che è l'unico normanno a conoscere alcuni vocaboli in latino. L'impresa guerresca riesce, e la Dea Madre dei wendol viene uccisa mentre Buliwif solo ferito.
Nel combattimento finale i wendol, impazziti dal dolore, attaccheranno per l'ultima volta il villaggio dei vichinghi. Ed è proprio in occasione di quest'ultima battaglia che i suoi compagni vedono Buliwif uscire dalla tenda con due corvi sulle spalle, i segni distintivi di Odino quando prende forme umane. Lo scontro è vittorioso ma molti vichinghi, tra cui lo stesso Buliwyf, perdono la vita.
Ibn Fadlan, dopo la vittoria, può ritornare a casa, ma sulla via del ritorno il romanzo termina bruscamente, come se anche il manoscritto fosse stato interrotto, con le parole emblematiche: "... e allora accadde".



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