[PDF - ITA] Enrico Galavotti - Gli Apostoli Traditori

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ENRICO GALAVOTTI


GLI APOSTOLI TRADITORI

Gli sviluppi del Cristo impolitico



:::->COPERTINA<-:::







:::->DETTAGLI<-:::


Autore: Enrico Galavotti
Titolo: Gli Apostoli Traditori
Pagine: 280
Anno: 2011
Nazionalità: Italia
Genere: Teologia
Dimensione del file: 3,33 Mb
Formato del file: PDF


:::->L'AUTORE<-:::


Enrico Galavotti, nato a Milano nel 1954 e laureato a Bologna in Filosofia, insegna dal

1977 materie umanistiche e infotelematiche in istituti pubblici e privati. Dal 1970 al 1980

ha militato in Comunione e Liberazione.Ha scritto decine di articoli per la rivista

"Calendario del popolo", usando vari pseudonimi; ha tradotto il "Commento alla Divina

Liturgia" di N. Cabasilas. Il sito più importante che ha realizzato è stato

www.romagnapolis.it della Banca di Cesena. Il sito in cui è racchiusa tutta la sua

produzione è www.homolaicus.com il cui sottotitolo è "Materiali per l'Umanesimo Laico e il

Socialismo Democratico".


:::->CONTENUTI<-:::

Il presente commento agli Atti degli apostoli non ha la pretesa di porsi come una ricerca

di tipo storico, in quanto non si sono messe a confronto fonti diverse. Il commento è

semplicemente una riflessione culturale, in cui elementi di teoria politica o di critica

dell’ideologia risultano prevalenti. In tal senso si è accuratamente evitato di

sbilanciarsi in giudizi sull’attendibilità dei fatti narrati, mettendoli a confronto con

versioni discordanti, e ci si è limitati a osservare che, in virtù di determinate

interpretazioni critiche, i fatti esaminati avrebbero potuto essersi svolti diversamente e,

a volte, si è anche cercato di dimostrarlo astrattamente. Si è altresì rinunciato

consapevolmente a fare riferimenti alle opere storiche di Giuseppe Flavio, anche quando

sarebbe stato opportuno, semplicemente perché, ai fini dell’economia del nostro discorso,

non sarebbe servito, in quanto alle tesi qui elaborate si può credere solo nella misura in

cui si ritiene sufficiente la coerenza interpretativa, non storica ma teorica, che le

supporta. D’altra parte Flavio è stato - come noto - un ebreo traditore degli ebrei, come

gli apostoli sono stati cristiani traditori del Cristo, e tutti scrivono sotto il diktat di

Roma: dunque per quale ragione si dovrebbe dare più ragione a Flavio che non ai redattori

del Nuovo Testamento? Senza poi considerare che Flavio non ha mai nascosto le sue antipatie

verso i seguaci del Cristo. Questo per dire che le fonti storiche, di per sé, non servono

affatto per determinare la verità dei fatti, poiché esse stesse sono falsate o falsificate.

La storia è maestra di falsità proprio perché scritta da chi detiene il potere, o

direttamente o, come appunto nel caso del Nuovo Testamento o delle Antichità giudaiche di

Flavio, indirettamente. Parteggiare per una fonte piuttosto che per un’altra ha un senso

molto relativo. Se, in virtù di concezioni ateistiche, avessimo dovuto dar ragione alle

fonti pagane, che ignorano quasi del tutto l’esistenza del Cristo, avremmo sicuramente

fatto un errore colossale. Su Cicerone sappiamo tutto, eppure oggi chi avrebbe il coraggio

di sostenere che contro Caligola aveva torto? E forse si è mai visto un libro che abbia

parteggiato per Bruto e Cassio contro Cesare? Di fronte al Nuovo Testamento ci si deve in

sostanza rassegnare e ragionare per così dire e concessis, come faceva Kierkegaard col caso

Adler. Cioè non avendo strumenti o fonti differenti da usare per dimostrare determinate

tesi, si deve in ultima istanza dare per scontato che la versione dei fatti del Nuovo

Testamento sia quella più verosimile, pur sapendo che ad essa è sottesa una precisa

ideologia, che tende a mistificare la realtà dei fatti, ovvero il contenuto che dà a questi

fatti un qualche significato. Questo commento, se si vuole, parte dal presupposto che aveva

l’inglese Samuel Brandon (1), secondo cui il Nuovo Testamento è nel complesso una menzogna,

poiché i cristiani volevano dimostrare ai romani che gli unici colpevoli della

crocifissione del Cristo erano stati gli ebrei. L’obiettivo principale del commento è

dunque quello di cercare di scoprire, usando le stesse fonti cristiane, dove sia possibile

rinvenire, negli Atti degli apostoli, le tracce del tradimento del messaggio originario del

Cristo, cioè le tracce della mistificazione, le quali sono state frutto di un lungo e

complesso lavoro redazionale, in cui mani abilissime hanno saputo mescolare, in maniera

molto efficace, episodi veridici con altri del tutto inventati, al punto che un lettore

ingenuo finisce col considerare tutto o quasi tutto vero, come è appunto successo negli

ultimi duemila anni di esegesi confessionale (quella critica possiamo farla risalire ad

alcuni esponenti della Sinistra hegeliana). Gli ebrei non sono stati come i greci, che

s’inventavano favole in cui bisognava fingere di credere. Gli ebrei, ovvero i cristiani,

hanno inventato storie la cui verosimiglianza diventava, in virtù della fede, oro colato.

Essi hanno saputo prendere le cose dalla realtà, salvo un particolare, la cui importanza

era però in grado di falsificare tutto il resto. Trovare il bandolo della matassa è

un’impresa disperata, e noi non possiamo fare altro che lavorare - come direbbe Althusser -

su dei fantasmi, cioè sul «non detto», mistificato da un «detto» coerente, non banale,

sulla base peraltro di un’ideologia che non parla mai da sola, in maniera esplicita, ben

individuabile, ma sempre dietro o per mezzo di parole e fatti che alla resa dei conti, cioè

alla luce di un’analisi razionale, laico-umanistica, risultano incredibilmente ambigui, non

tanto perché inverosimili, quanto perché volutamente manipolati. Sotto questo aspetto la

letteratura ebraico-cristiana resta superiore a qualunque altra letteratura. 1. S. Brandon,

Gesù e gli zeloti, ed. Rizzoli, Milano 1983, ma di lui bisogna leggersi anche La caduta di

Gerusalemme e il Processo a Gesù.



:::->LICENZA<-:::





:::->SI RINGRAZIA<-:::




e a Enrico Galavotti

autore dell'opera qui presentata e webmaster del suddetto sito




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