[PDF - ITA] Enrico Galavotti - La Svolta Di Giotto
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ENRICO GALAVOTTI
LA SVOLTA DI GIOTTO
La nascita borghese dell'arte moderna
:::->COPERTINA<-:::
:::->DETTAGLI<-:::
Autore: Enrico Galavotti
Titolo: La svolta di Giotto
Pagine: 162
Anno: 2010
Nazionalità: Italia
Genere: Saggio
Dimensione del file: 935,31 Kb
Formato del file: PDF
:::->L'AUTORE<-:::
Enrico Galavotti, nato a Milano nel 1954 e laureato a Bologna in Filosofia, insegna dal 1977
materie umanistiche e infotelematiche in istituti pubblici e privati. Dal 1970 al 1980 ha
militato in Comunione e Liberazione.Ha scritto decine di articoli per la rivista "Calendario del
popolo", usando vari pseudonimi; ha tradotto il "Commento alla Divina Liturgia" di N. Cabasilas.
Il sito più importante che ha realizzato è stato www.romagnapolis.it della Banca di Cesena. Il
sito in cui è racchiusa tutta la sua produzione è www.homolaicus.com il cui sottotitolo è
"Materiali per l'Umanesimo Laico e il Socialismo Democratico".
:::->CONTENUTI<-:::
I critici, nei manuali di storia dell'arte in uso nelle scuole, trattano poco degli aspetti
riguardanti la funzione ideologica dell'arte, o dei rapporti fra arte, storia, società,
economia... L'interpretazione prevalente è quella estetica, tecnica, stilistica, formale...
Esattamente come nei manuali di letteratura i nessi prevalenti sono semplicemente quelli di
lingua e stile. Gli autori di questi manuali, siano essi classici come l'Argan o moderni come il
De Vecchi-Cerchiari, per quanto riguarda Giotto, non riescono a cogliere il lato conservatore
della sua pittura, sia perché hanno forti pregiudizi nei confronti della pittura bizantina, sia
perché sono strettamente legati alle concezioni borghesi del vivere quotidiano, che risultano
oggi dominanti. Ad es. le ieratiche icone vengono generalmente definite prive di pathos, perché
troppo rigide, piatte o bidimensionali, senza prospettiva, senza spazio, troppo convenzionali,
troppo simboliche per essere vere, totalmente prive di movimento peso volume... Si è persino
arrivati a criticare gli iconografi bizantini per la loro mancanza di conoscenze anatomiche! E
questo nonostante che la riscoperta della pittura bizantina sia avvenuta in Russia sin
dall'inizio del XX sec. (si pensi solo all'importanza di Rubljov) e in Italia già verso la metà
degli anni '70 del Novecento. Il fatto è che ci sono alcuni miti da sfatare che permangono
inalterati da secoli e che rarissimamente si mettono in discussione. Il primo in assoluto è
quello secondo cui con Giotto sarebbe nata la cosiddetta pittura “realistica” (per quanto
potesse esserlo, ovviamente, quella medievale, che poi nell'Italia comunale e signorile del XIV
secolo era già “borghese” da tempo); in realtà con Giotto è nata la pittura “astratta” o
razionale o intellettualistica. Poiché è stata la pittura giottesca (ivi inclusi i critici ad
essa contemporanea) a considerare “astratta” quella bizantina, oggi i critici ribadiscono il
medesimo principio, senza rendersi conto che se la pittura bizantina poteva apparire “astratta”
a una cultura che non rifletteva più i valori che supportavano quella pittura, la pittura
giottesca appariva “astratta” proprio a quella medesima cultura. I pittori bizantini, p.es.,
rifiutavano il concetto di “prospettiva” (geometrica) perché avevano intuito che con essa si
toglieva intensità allo sguardo. Bisogna dunque intendersi sul concetto di “astrazione”, poiché
la pittura giottesca è solo in apparenza più vicina ai canoni del “realismo” e del
“naturalismo”. Infatti questa pittura è astratta, e lo sarà tutta quella che proseguirà sulla
sua scia, proprio in quanto anzitutto pretende di offrire una rappresentazione della realtà
basata su dei rapporti matematici. A partire dalla sua pittura lo spazio viene raffigurato come
un “corpo cavo”, dove la profondità non è più data dall'intensità degli sguardi dei soggetti, ma
dalla prospettiva, che diventa misurabile, appunto perché geometrica, matematica. Giotto appare
come un architetto che dipinge. Le sue figure diventano significative solo in quanto sono
inserite in un contesto prospettico, e in questo la prevalenza non viene più concessa all'umano
ma allo spazio che lo deve contenere, e in tale spazio non esistono, propriamente parlando,
personaggi più significativi di altri, anzi spesso le raffigurazioni di animali o di cose
naturali possono risultare più incisive di quelle degli esseri umani. La profondità della scena
rappresentata non è più “spirituale” ma “fisica”. La realtà non viene presa così com'è per
essere trascesa (cosa che faceva l'iconografia bizantina), ma per essere giustificata. Giotto ha
inaugurato l'antropocentrismo - e qui sta il suo merito - ma di una classe particolare: quella
borghese, che di umanistico ha assai poco. La sua pittura, pur essendo basata su dei rapporti
matematici e quindi oggettivi, risulta alquanto individualistica, nel senso che la scena da
dipingere viene situata in un contesto creato arbitrariamente dall'artista. Lo spazio viene
strutturato sulla base di un punto di vista soggettivistico, che determina un rapporto
intellettualistico con la realtà. Tant'è che il contenuto religioso dell'opera giottesca è in
definitiva irrilevante rispetto alla forma con cui si è scelto di rappresentarlo. Giotto
infatti, pur trattando temi religiosi, non vuole parlare di questi temi, ma usando questi temi
egli vuole introdurre un modo diverso di vedere la realtà, un modo che è “religioso” nella forma
e “borghese” nella sostanza, e volendo rappresentarli in questa maniera forzata, è costretto a
trasformare l'aspetto religioso in una banalità. Dice Hegel, nella sua Estetica: “A causa di
questa tendenza venne perdendosi, relativamente parlando, quella grandiosa, sacra austerità
posta a fondamento nei gradi maggiori dell'arte precedente. Il mondano prese posto e si estese;
e, secondo lo spirito del tempo, anche Giotto, accanto al patetico, accolse il burlesco”.
L'artista non fa più parte di una tradizione consolidata, che deve trasmettere, ma di questa
tradizione coglie i punti deboli per operare, in virtù del proprio genio personale,
un'inversione di tendenza. Giotto infatti si basa su degli antecedenti che porta a piena
maturazione e inaugura un modello di pittura che farà scuola per gran parte della pittura
occidentale. Il suo non è stato un intervento estemporaneo, anche se indubbiamente egli ha
operato una rottura radicale, mai tentata prima di lui, e che risulterà irreversibile per la
pittura italiana ed europea. La piena maturazione del processo da lui inaugurato avverrà solo
nel '400, con l'Umanesimo. Si badi, qui non si vuole mettere in discussione il fatto che la
pittura religiosa bizantina andasse superata sulla base di canoni umanistici e naturalistici; si
vuole semplicemente costatare che la scelta operata da Giotto, che è all'origine della pittura
moderna, non può essere considerata una vera alternativa alla pittura bizantina. Con Giotto
nasce il tentativo di emanciparsi dalla religione dal punto di vista della classe mercantile. E
da questo punto di vista non è possibile un vero e proprio superamento della religione. Tra
borghesia e religione vi è sempre stato un compromesso e una reciproca strumentalizzazione.
Sotto questo aspetto sarebbe interessante se in futuro potesse nascere una pittura capace di
unificare la profondità ontologica della tradizione bizantina con la razionalità laico-
umanistica della tradizione giottesca. O comunque sarebbe interessante se tradizioni opposte
potessero convivere pacificamente, cercando nella reciproca diversità elementi di crescita
comune.
:::->LICENZA<-:::
:::->SI RINGRAZIA<-:::
e a Enrico Galavotti autore dell'opera qui presentata
e webmaster del suddetto sito
TNTVILLAGE.SCAMBIOETICO.ORG
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