[MT]Miguel de Cervantes Saavedra - Don Chisciotte della Mancia[Ebook-Ita-Pdf-Narrativa]
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Titolo originale: El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha
Titolo italiano: Don Chisciotte della Mancia
Autore: Miguel de Cervantes Saavedra
1ª ed. originale: 1606
Data di pubblicazione: 2008
Genere: Romanzo
Sottogenere: Narrativa
Editore: Newton Compton
Collana: Grandi tascabili economici.I mammut
Traduzione: Barbara Troiano e Giorgio Di Dio
Pagine: 810
La vita di Miguel de Cervantes è estremamente ricca di avvenimenti, viaggi e avventure non sempre a lieto fine. Nacque il 9 ottobre 1547 a Alcalá de Henares, quarto di sette figli di un modesto chirurgo, e trascorse l'infanzia tra Valladolid, Salamanca, Siviglia e Madrid.
Non si hanno molte notizie sulla sua educazione; nel 1569 era in Italia al seguito di Giulio Acquaviva, probabilmente per sfuggire alla cattura dopo aver ferito un uomo. In Italia si arruolò come militare partecipando tra l'altro alla battaglia di Lepanto (1571), durante la quale fu ferito piuttosto gravemente perdendo l'uso della mano sinistra.
In seguito partecipò alla battaglia di Navarino (1572) e alla presa di Biserta e Tunisi (1573). Nel 1575, durante una traversata che lo avrebbe riportato in Spagna, la sua nave fu assalita dai pirati e Cervantes fu fatto schiavo e portato ad Algeri; durante i cinque anni di schiavitù provò a fuggire ben quattro volte. Nel 1580 fu finalmente riscattato e raggiunse il Portogallo mettendosi a servizio di Filippo II. Fino al 1600 abitò a Siviglia, impiegato come commissario per la fornitura di viveri all'Invincibile Armada; nel 1602 fu di nuovo in carcere, coinvolto nel fallimento di un banchiere. Probabilmente durante questo periodo di prigionia cominciò ad avere l'idea di scrivere il Don Chisciotte, la sua opera più importante.
Uscito di prigione si stabilì a Valladolid ma anche qui ebbe problemi con la giustizia: fu sospettato infatti di aver ucciso un nobile e tornò in prigione per breve tempo. Nell'ultimo periodo della sua vita si impiegò presso Filippo III, seguendo la sua corte a Madrid. Qui si dedicò alacremente alla letteratura, scrivendo la maggior parte della sua vasta opera. Muore a Madrid il 23 aprile 1616.
1583 - La Galatea
1606 - Don Chisciotte della Mancia
1615 - Otto commedie e otto intermezzi (raccolta di opere teatrali)
1616 - I travagli di Persiles e Sigismonda
Frutto del disinganno e dell'abisso che l'epoca ha scavato fra realtà quotidiana e grandezza imperiale, il Don Chisciotte è unanimemente annoverato tra i classici della cultura occidentale. Nata dalla fantasia di Miguel de Cervantes, mentre era rinchiuso nel carcere di Siviglia, la storia del cavaliere errante e del suo fido scudiero Sancho Panza, che si svolge durante il regno di Filippo III di Spagna, ci induce a percorrere un itinerario al tempo stesso cavalleresco, etico, letterario, sociale e sentimentale. In una miscela dei generi narrativi in voga, Cervantes supera il canone letterario, la norma unitaria, l'esclusione di temi e realtà, per comporre un mondo in cui nulla di umano è estraneo alla sua sensibilità. Sfortunato e grande scrittore, Cervantes ha lavorato sul linguaggio componendo il primo romanzo moderno e al tempo stesso portando a maturità una lingua che si sarebbe poi diffusa oltremare, grazie alla vitalità che ha saputo darle il serrato dialogo tra il cavaliere e lo scudiero, eroi strampalati e umanissimi.
Incipit:
Prologo
Inoperoso lettore, ben mi potrai tu credere, senza che te lo giuri, che questo libro, perché figlio del mio intelletto, vorrei che fosse il più bello, il più giocondo e il più assennato che potesse immaginarsi. Non ho potuto però contravvenire all'ordine di natura, dacché in essa ogni essere produce il suo somigliante. Quindi, che mal poteva produrre lo sterile e incolto ingegno mio, se non la storia di un figliuolo stento, sparuto, strambo, sempre con dei pensieri nuovi e che a nessun altro sarebbero mai venuti in mente, appunto come quella che fu concepita in un carcere dove ogni disagio fa sua dimora e dove ogni triste schiamazzo sta di casa? La calma, il luogo tranquillo, l'amenità dei campi, la serenità dei cieli, il mormorare dei ruscelli, la pace dello spirito, molto conferiscono a che le muse più sterili si mostrino feconde e offrano al mondo parti che lo riempiano di meraviglia e di gioia. Può accadere che un padre abbia un figlio brutto e senz'alcuna grazia, ma l'amore che gli porta gli mette una benda agli occhi, perché non veda i suoi difetti; anzi, li giudica per attrattive e leggiadrie e ne parla agli amici come di finezze e di vezzi. Ma io che, per quanto sembri Padre, sono patrigno di Don Chisciotte, non voglio seguire l'uso corrente né supplicarti quasi con le lagrime agli occhi, come altri fanno, o lettore carissimo, che tu scusi o finga di non vedere i difetti che scorgerai in questo mio figlio, perché non sei né suo parente né suo amico, ma sei affatto padrone di te e libero di pensarla a modo tuo, al pari di qualunque altro, e sei in casa tua, dove comandi tu, come il re coi suoi tributi, e conosci il comune detto: gli uccelli dal suo nido a tutti si rivoltano. Cose tutte che ti esentano e ti sciolgono da ogni rispetto e obbligo; così che tu puoi, di questa storia, dir quello che ti parra senza timore che t'abbiano a incolpare a torto per il male o a premiarti per il bene che ne dirai.
Il libro viene “diviso” in due distinte parti: la prima molto introduttiva con tanto di prologo sul personaggio, lo presenta e racconta l’inizio dell’avventura fino al suo primo ritorno a casa. Durante questa compaiono famose scene, come quella del mulino a vento, che sono rimasta nella memoria di tutti anche grazie ai vari film. La seconda anch’essa corredata da un prologo, questa volta però rivolto al lettore, narra la restante parte della storia fino alla morte del personaggio a Barcellona. Gli elementi che caratterizzano questo scenario semi-fantastico, parlo sia dell’ambientazione sia della fantasia con cui viene miscelato, si rifanno a tutto il comparto caratteristico del romanzo cavalleresco: la dama, la guerra, la difesa dei poveri, il dovere del buon cavaliere e così via…. Il tutto s’inserisce in un periodo di tempo non definito e la vicenda nel complesso si svolge in un paio di mesi circa. Prevalgono durante la lettura scene in cui l’azione scorre sotto i nostri occhi con la stessa velocità con cui stiamo leggendo e l’interazione tra personaggi viene semplificata con l’uso del discorso diretto. Il Mondo in cui si realizza il libro, secondo gli esperti, è un vero e proprio gioco di specchi attraverso il quale viene demolita la concezione univoca della realtà, sostituita da numerose prospettive diverse che ci forniscono un quadro del complessivo vago, contraddittorio e non dettagliato. Quindi è esattamente un equilibrio tra reale e irreale come il resto della composizione e della vicenda. Per il comparto grammaticale, lessicale e sintattico, il libro è scorrevole e le coordinate non danno fastidio, il tutto è semplice chiaro e pulito, l’unico svantaggio veramente visibile di questo libro è appunto la mole e le tante pagine da leggere, tanto che a lungo andare ci si chiede quando lo si finirà. L’opera presenta molti significati dietro la semplice storia. Rappresenta la situazione del tempo e Cervantes per prima cosa vuole sottolineare come l’influenza materialistica che prende piede in quel tempo, sarà la causa della crisi dopo i Secoli D’ Oro. Altra allegoria è quella del vero e proprio personaggio in sé, che comico, rappresenta la pazzia che pervade gli animi dei soldati, convinti di poter ottenere gloria, fama e denaro attraverso la guerra. Scoprendo solo poi in vecchiaia, quale sia il vero prezzo di una vita del genere. Dunque, l’intento di Cervantes è di riaffermare la vera idea di cristianità non quella promulgata dalla battaglia di Lepanto, ma quella del vero Cristiano; oltre ovviamente a deridere l’intero mondo del cavalleresco in cui è cresciuto ed è stato educato. Durante il romanzo, infatti, man mano che si legge, ci si accorge proprio come lo scrittore abbia voluto rendere il tutto una parodia comica ed esilarante, ma allo stesso tempo il personaggio acquisisce uno spessore più forte e complesso. Si presenta addirittura un risvolto sociologico, infatti il cavaliere molto spesso è deluso dalla realtà che è molto più difficile di quanto lo sia quella ricreata nella mente di un pazzo pervaso dalla follia come lui. Dunque sembra assumere un comportamento molto simile all’autismo. Sembra quasi che Cervantes rappresenti una società non poi tanto dissimile dalla nostra, in cui il sognatore che non produce risultati è un vero e proprio zimbello e soprattutto considerato come un pazzo. La fortuna del “Don Chisciotte” fu enorme, solo la prima parte venne ristampata cinque volte nello stesso anno della sua pubblicazione e dell’intero capolavoro furono fatte ben sedici edizioni, mentre Cervantes era ancora in vita. Tradotto in quasi tutte le lingue, ispirò non solo scrittori e poeti, ma anche musicisti e pittori. Basti ricordare fra gli esempi più significativi, il Don Quijote de la Mancha di Guillèn de Castro in Spagna; l’opera in dialetto siciliano Don Chisciotti e Sanciu Panza di G. Meli in Italia. Il libro è un’opera ancora ai giorni nostri molto importante. Dopo aver conquistato l’intera Europa, ha iniziato anche a diffondersi in Oriente, dove di recente è stato addirittura prodotto un film Don Quixote (2009), adattamento cinematografico coreano del romanzo in edizione limitata. Secondo il mio parere, va assolutamente letto almeno una volta nella vita per farsi perlomeno quattro risate e per , come ogni libro, coglierne il significato implicito che ricreato nella nostra società non è poi così poco scontato.
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